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"Se fossero colore, avrebbero la rara luminosità dei paesaggi montani di Segantini o, più spesso, la soffusa malinconia dei chiaroscuri della campagna dolente e, a tratti, ostile di Fattori. Ma sono parola, questi racconti di Felice Foresta. E della parola, capace di incidere la pietra, hanno il vigore e il gusto salato, che prima appaga e dopo pizzica la gola. Da subito, ci avviluppano in un abbraccio stordente di suoni, di profumi, di oggetti quotidiani e di liturgie di gesti intorno a essi meticolosamente intessuti. Situazioni di ancestrale memoria, che ci investono con il calore di un mondo a molti familiare, ma da pochi intimamente vissuto. Ben presto, poi, ci riconsegnano alla coscienza, dal retrogusto amaro, dello strappo che, irricucibile, ci separa da quella dimensione di figure e azioni straordinarie. Ma non è soltanto il tempo delle nostre radici che questi racconti ci restituiscono. Con un balzo non meno ardito ci proiettano anche in quello, altrettanto mitico e trasognato, della nostra infanzia, delle illusioni che la sostanziano, degli affetti e delle certezze granitiche che la popolano..."