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Elvira, in fuga dalla realtà, insegue se stessa e cerca di dare un senso ad una vita in cui le certezze di un'esistenza concreta si vanificano. Così, rincorre una comunione con la natura, descritta nei suoi aspetti più lirici, che richiama la sua antica e atavica legge: consentire la propagazione della specie. Su questo assunto di fondo si muovono tutti i personaggi, che ruotano attorno alla protagonista e che, come lei, vivono di certezze apparenti, diafane sicurezze, abitudini consolidate. Uno dopo l'altro sembrano, però, soccombere davanti al desiderio, quasi ossessivo, della sua maternità sempre troppo lontana. Fin dalle prime pagine, ha inizio un gioco allusivo e, a tratti, sottilmente erotico, che cresce di intensità e che sembra nascondere una volontà precisa e determinata, la cui rinuncia significa, innanzitutto, un tradimento della specie umana: i progetti di una vita intera non hanno senso né motivo d'essere se non possono essere trasmessi alla generazione futura e si traducono in un processo di frustrazione che Elvira avverte ma non accetta, subisce e combatte con straordinaria determinazione.