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"Non si può neanche guardare indietro, perché troveremmo solo il vuoto". Questo è il motivo per cui due donne, Marta ed Agata diventano amiche, vestendo ogni giorno idealmente l'una gli abiti dell'altra per andare avanti. Le loro storie partono da lontano, eppure un giorno hanno scoperto di avere qualcosa in comune. Entrambe sono "persone di cristallo: delicate da toccare, facili a rompersi e pericolose quando sono in frantumi". Toccate con poca grazia dalla vita, si sono frantumate e con le loro schegge non hanno ferito solo se stesse, ma a volte involontariamente anche chi le circonda. Proprio la scoperta della fragilità interiore è la forza di questa storia, che parte da una stanza ed un gruppo di persone sconosciute, sedute in cerchio. In quel cerchio è consentito condividere la vita, la morte, il dolore, la gioia, le bugie ed i sogni che si mescolano ogni volta che cambia la voce narrante, ma ognuna racconta il desiderio di riscatto. A volte consapevole, più spesso nascosto tra le pieghe del malessere e dei farmaci che dovrebbero sopirlo. Essere bordeline è un'etichetta da cui fuggire, oppure una definizione che riordina il nonsenso della propria esistenza? Marta ed Agata si domandano tutto questo e si danno risposte differenti, anzi, inizialmente opposte. Marta si trova lì per non deludere le aspettative della sua terapeuta, non perché ne abbia realmente bisogno. Tutti i presenti rientrano probabilmente nella categoria descritta, ma non lei. Lei non è schematizzabile. Agata invece, non ha neanche troppe difficoltà ad accettare la definizione in sé, il problema è trovare il modo di togliersi di dosso per sempre, gli abiti che la imprigionano in emozioni incontrollate ed incontrollabili. Nel percorso in macchina che decidono di condividere per andare agli incontri settimanali, si sviluppa il racconto di vite intense: uomini amati, figli, amici, famiglie d'origine. Il cerchio terapeutico ed il suo confine vengono superati e un'amicizia inattesa colora la vita vera.