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Durò un attimo. Esattamente come la vita. Fu un attimo violento. Devastante. In quell'attimo tutti i sogni, le speranze e le radici di Anita svanirono. Per sempre. Anita Tsopei non aveva più la forza di vivere, ma non aveva nemmeno quella di morire. L'unica cosa che riuscì a fare, con non poco sforzo e solo dopo tanti anni, fu quella di raccontare e raccontarsi. Scrisse quindi un diario terapeutico, attraverso le cui pagine riusciamo a passeggiare per le stradine del suo bel paese bianco calce, a danzare alle feste tradizionali al suono coinvolgente del Sirtaki, a rinfrescarci sui gradini freschi dell'emporio di Amalia e nelle acque dell'amata baia a forma di occhio piangente. Riusciamo persino a scorgere dall'alta scogliera (il braccio Ovest), sotto l'ulivo del suo caro Tanos, un ipotetico futuro migliore. Ma attraverso le sue poesie e le riflessioni esistenziali, la giovane Anita forse ci insegna anche qualcosa e ci avverte, ormai impotente: "Attenzione a ciò che desiderate, perché potrebbe avverarsi. E non come lo avete immaginato."