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La leggenda di Ambrose Bierce trova il suo degno epilogo l'il gennaio 1914. Partito pochi mesi prima, a 71 anni suonati, come reporter per il Messico, dilaniato dalla guerra civile, egli scompare misteriosamente durante la battaglia di Ojinaga, probabilmente fucilato contro il muro del cimitero di Sierra Mojada da alcuni uomini di Pancho Villa dopo un diverbio, o forse perché ritenuto una spia. Cinico, spietato, giramondo, ribelle, dotato di un raffinato humor nero e di una sottile capacità introspettiva, Ambrose Bierce è uno dei giganti della letteratura americana. Maestro di "srealtà", nelle sue perfette macchine dell'orrore dagli ingranaggi ben oliati, egli dà corpo alle più terrificanti ossessioni dell'epoca di cui è testimone: follia, oscure proiezioni della mente, glaciali parenticidi, antichi misteri che affiorano attraverso i sogni, esperienze medianiche, letali apparizioni, scioccanti storture della macchina della giustizia. Non per nulla egli definiva la realtà come "il sogno di un filosofo impazzito". Tra tutti, spiccano "L'uomo che usciva dal naso", "Testimone di un'impiccagione", "La finestra sbarrata", "Lo straniero", "L'uomo e il serpente", "Un naufragio psicologico". Prefazione di Gianluca Barbera.