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Il volume è un resoconto toccante e oltremodo attuale del lavoro svolto da Gertrud Schwing, infermiera psicoanalista, prima in analisi e poi in supervisione con Paul. Federn, con pazienti "gravi" di sesso femminile ricoverate in una clinica universitaria. Il contesto storico di allora (1937/38) relegava i pazienti psicotici e non solo, nelle istituzioni manicomiali con trattamenti prevalentemente di custodia e ben poche risorse in ambito farmacologico. Quello che da subito colpisce nel lavoro di Gertrud Schwing è l'attenzione nei confronti dell'individuo che diventa il centro della cura: una riflessione attenta e accurata all'esperienza soggettiva. Ci vengono presentate molteplici forme della sofferenza psicotica, con le loro differenze etiopatogenetiche, nosografiche e psicopatologiche. Il lettore incontrerà la messa in opera di una relazione duale come tentativo indispensabile per cercare di comprendere e curare la follia; un avvicinarsi ad essa con rispetto e curiosità. Colpiscono l'attento sguardo psicopatologico ma anche il tentativo di cimentarsi con questa o quella paziente, senza arrestarsi davanti al dilemma riguardante la trattabilità o possibilità di cura.