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Attraverso l'analisi dei più importanti esperimenti scientifici che, dagli anni '50 del '900 ad oggi, hanno caratterizzato gli studi sulla plasticità del cervello, l'autore mostra come un paradigma scientista di stampo organicista e riduzionista radicale sia inadatto alla comprensione della coscienza, e debba quindi essere integrato attraverso una prospettiva olistica. Da questo paradigma emerge la necessità di una indagine fenomenologica che non riduca la coscienza ad una pura funzionalità neuronale ma che invece ne indaghi genesi e struttura soprattutto nel suo aggancio con la dimensione emotiva - dimensione che, sebbene non misurabile, affiora come la sola a partire da cui un soggetto può donare senso alla propria vita.