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"Le utopie che ci regala in questo contesto Richard England, con le sue città speculari e avvolgenti, tradiscono una sua necessità figurativa, rappresentare l'irrappresentabile con ogni mezzo. Ecco apparire frammenti o interi nuclei urbani come cervelli, spire avvolgenti di contesti e prospettive allusive, ove non solo i riferimenti sono reali, ma dove gli stessi paesi, paesaggi e vedute alludono ad un mondo incerto fatto di quiete e di pacificazioni. E se molti disegni assumono un andamento avvolgente è solo per richiamarci con lui in questo spazio sacrale come cittadini saggi e frequentatori di scampoli urbani rievocanti paesaggi, a volte, medioevali. C'è in questo turbinio di vedute un qualcosa di ancestrale, come se i flussi del mondo, venti, correnti, e tumultuosi sommovimenti si dessero convegno nella mente dell'autore che li traduce in segni, stilemi, grafemi che hanno tutto il sapore di elettrificanti nostalgie: del passato e del presente. Interrotti, questi avvolgimenti, solo dalla dimensione del foglio che, naturalmente, restringe il campo d'azione allargandone però l'immaginifico. Le Utopie proposte hanno qualcosa di domestico e di gaio; superano il conformismo delle antiche utopie che si volevano predittive, a volte esse stesse autoritarie, per porsi con sincerità come programmi per un divenire felice." (Marcello Sestito)