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Giunta alla piena maturità, Cassandra inizia un percorso di psicoanalisi con lo scopo di risolvere le nevrosi che la affliggono da tempo, legate alla sua educazione, alla sessualità, all'onnipresente fantasma della maternità. La scrittura diventa il timone di un viaggio interiore, usata non solo a scopo terapeutico, ma come bussola nella comprensione della sua storia familiare e sociale, che appare come una rotta incerta tra l'infanzia dominata dai maschi e dal potere matriarcale e un matrimonio tiepido che l'ha resa accettabile agli occhi della famiglia. La vicenda di Cassandra è paradigmatica di un tempo che offre alle donne pochissime definizioni e spazi esigui per rappresentarsi come individui. "Il bambino di pietra" è una narrazione in prima persona priva di indugi e autoindulgenze, che cerca nella sgradevolezza della verità una soluzione agli enigmi interiori. Finalista al premio Strega nel 1979, "Il bambino di pietra" è centrale nell'opera di Laudomia Bonanni, che definì il personaggio di Cassandra come "la protagonista di tutto quello che ho scritto". Prefazione di Dacia Maraini.