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«Stelio Mattioni ha «il potere di farci entrare in un mondo tutto suo, che è il segno dello scrittore vero» scrisse Bazlen, che volle con sé l'autore in Adelphi negli anni '60. E il mondo di questo romanzo è la casa dove Tina trova rifugio quando abbandona il tetto coniugale: un microcosmo conflittuale, perfettamente chiuso, che assume presto la forma di un harem governato da un dispotico padrone che sottomette in maniera sfuggente, ma ineludibile, la corte di donne che lo abita, e dove tutto ruota attorno alla chiave di una stanza, simbolo di un complesso rito di competizione erotica e rinuncia alla propria libertà. Nella prima edizione del libro (1968), Mattioni fu presentato come un «favolista irreprimibile», che «trasforma qualunque vicenda nella geometria della favola». Ed è così: l'autore parte da un contesto ordinario e poi pian piano lo smantella, lo deforma per mezzo delle convulse spinte passionali dei personaggi, dei loro sogni sottesi, delle ambizioni mal riposte, delle voglie di rivalsa o di autodistruzione, impedendoci alla fine di stabilire se stiamo leggendo una favola grottesca o se grottesco è il mondo reale e l'autore lo ha soltanto messo a nudo.»