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"Non è cosa da poco" di Maria Antonia Maso Borso, almeno ad una prima istanza critica, sottolinea una fondante presenza dell'io lirico, ma anche l'irrimediabilità del canto dell'esistenza, che costituisce il nocciolo della conoscenza stessa. Se è classica la posizione di indagine interiore, è altresì moderna l'idea e la dichiarazione, citate nei versi, della ricerca di una novella "Stele di Rosetta" che dia un nome alle cose. Dare il nome riconduce, almeno antropologicamente e simbolicamente, a due concetti: da un lato nominare e quindi possedere, dall'altro conoscere... Ecco, dunque, che il percorso interiore di Maria Antonia Maso Borso si sviluppa come viatico gnoseologico dell'io e sonda le relazioni che questi interpone con il "tu", che può essere divino, umano, genericamente collettivo.