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Questo romanzo autobiografico, che prende il titolo dal verso di una poesia di Marina Cvetaeva, poetessa geniale e sofferente che fino alla morte ha lottato contro la "belva acquattata nel folto", è ambientato in una clinica circondata dalla campagna. In questo microcosmo asettico raccolto intorno a un giardino, la protagonista, ricoverata per una grave forma di depressione, racconta in prima persona il percorso che dall'inferno della malattia la conduce verso l'inaspettata salvezza, restituendole una comprensione nuova del mistero della vita. Il romanzo è scandito dalle diverse fasi dell'itinerario terapeutico, i farmaci, l'ipnosi, l'elettroshock e dagli intensi colloqui della protagonista con gli altri pazienti della clinica, un'umanità il cui travaglio e la cui ricchezza è spesso confinato nel silenzio.