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Le note stonate, le stecche, i tasti toccati per errore. Si radunano tutte intorno alla nave. Penetrano nelle cabine e si mescolano ai naviganti. Vengono cacciate dai suoni giusti e si allontanano in cerca di un luogo lasciato libero da altri suoni sbagliati per occupare il loro posto. Vanno a dar voce agli strumenti di lavoro, agli ingranaggi, agli scoppi, allo stridore, al frusciare, al rantolare. Ma poi, alla fine dei loro viaggi, ritornano sempre qui, a Venezia, e si mescolano nelle acque. Quei piccoli, infimi tonfi sordi nei canali e nei rii che lei sente richiamarsi senza posa, sono loro che si agitano come anime senza pace. E poi aumentano e crescono con l'alzarsi dell'acqua e allora cercano di sommergere Venezia, di affondarla nel ricordo di se stessa che Venezia già ora è.