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"Piccola vita". Così Nicola Gala ha voluto chiamare il romanzo per racconti della sua famiglia, che si svolge, in realtà, attorno alla figura centrale del padre Alessio e si chiude con la sua morte. L'aggettivo che qualifica l'oggetto del racconto, cioè la "vita", non è certo un ridimensionamento, né una preventiva modestia. "Piccola" non vuole riproporre analogie letterarie, che so: con "Piccolo mondo antico" di Antonio Fogazzaro, nel quale vi era un tentativo di contrappasso semantico, tutto teso a esaltare valori sminuiti dalla modernità, o con "Piccolo campo" di Erskin Caldwell, nel quale l'universo della provincia americana, circoscritto dalla narrazione, è per converso sterminato, come la casistica tipologica dei protagonisti impone. Neppure "La piccola città" di Heinrich Mann, nella quale la coralità umana consente, a una piccola comunità dell'Italia meridionale, il superamento delle ataviche divisioni politiche.