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Il saggio prende spunto dalla conferenza intitolata "Tramonto dell'Occidente. Aurora di una nuova civiltà italiana", tenuta da Alberto Savinio nel maggio del 1933 all'Istituto Fascista di Cultura di Firenze. Il testo, il cui contenuto è riassunto in appendice, risente del bisogno che aveva allora il minore dei fratelli de Chirico, di rendersi, dopo sei anni di parentesi parigina, nuovamente ben accetto al regime di cui era stato nei primi anni acceso sostenitore. Esso viene tuttavia usato dall'autore per mettere a fuoco le incertezze e le oscillazioni a lungo manifestate da Savinio in un percorso intellettuale che si muoveva tra i due poli da lui indicati come Tolemaico e Copernicano: apertura al nuovo o chiusura nella tradizione? L'introduzione di Paolo Baldacci indaga le affinità tra le proposizioni di Savinio e le teorie espresse da Malaparte in Italia barbara e L'Europa vivente, allargando il discorso al ruolo di alcuni altri "grandi intelligenti" del Novecento italiano: Papini, Soffici, Longanesi ecc.