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Inizia l'ultimo decennio del Novecento e il ventiseienne Giorgio Perrella si accinge a entrare nel mondo del lavoro e a far parte della classe dirigente. Come lui, altri suoi coetanei cominciano a sperimentare sulla propria pelle le grandi sollecitazioni esistenziali e i primi disinganni. I loro destini si snodano in una narrazione fitta e corale, formando una sorta di biografia collettiva. Sullo sfondo, come lampi di magnesio, esplodono gli echi delle inquietudini sociali e si consuma l'era berlusconiana. Grandi avvenimenti e piccoli fatti di cronaca, balordaggini pubbliche e idiozie private: dalla caduta del Muro alle Torri Gemelle, da Maradona a Pietro Maso, dalla compravendita di parlamentari alle apparizioni di Madonne. Sono i "rumori di fondo" che hanno accompagnato le vite degli italiani a cavallo del Duemila. Umberto Apice ricostruisce quegli anni attraverso gli occhi di un aspirante giornalista, onesto e fiducioso, che, esauritasi la stagione di una blanda opposizione alla tirannia della società opulenta, approda alla dolorosa coscienza di un generale default e, come il personaggio di un libro di Calvino, si chiede se essere stato nel giusto non sia troppo poco.