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Emilio De Marchi, autore «che ha sentito il suo compito come vocazione e missione e non come un mero esercizio letterario», descrive, attraverso la finzione narrativa, esperienze con cui è entrato in contatto diretto o tramite la cronaca dei quotidiani. Il racconto Un condannato a morte, uscito su «La Vita Nuova» nel gennaio 1876, stesso anno de L'uomo delinquente di Cesare Lombroso, va considerato nell'ambito dell'impegno per il reinserimento degli ex detenuti nella società, con l'obiettivo di diffondere l'idea dell'Associazione di Patronato per i liberati dal carcere. La «vigorosa riaffermazione della moralità della coscienza etica e civile» incrocia uno dei problemi sociali più scottanti delle società moderne che vogliano corrispondere agli ideali di libertà e, in particolare, a quei diritti dell'uomo richiamati da Cesare Beccaria e oggetto di dibattito nel neonato Parlamento italiano con l'imporsi della scuola positivistica dell'antropologia criminale. Il volume attraversa e commenta il corpus edito e inedito delle novelle, soffermandosi poi sulla produzione romanzesca tra colpa, condanna, infermità.