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Si ha il diritto di conoscere tutto delle persone care che ti vivono accanto? O, piuttosto, non si ha il dovere di penetrarne i silenzi, gli sguardi muti, il non detto con la "cura" necessaria a non suscitarne il pudore? E sarebbe tutta questa "cura" davvero sufficiente a captare l'imperscrutabile che abita la parte più recondita negli sguardi della mente e del cuore? Ilde non vive più da decenni. La sua famiglia è uno spazio scenico nel quale non si è mai disposta a recitare il ruolo che le compete, di madre, moglie e donna raffinata. Il non detto è il suo spazio vitale, la sua essenza mai compiutamente espressa. Il dolore che non lascia scampo nemmeno a distanza di tanti anni e di tutte le vicende che si sono interposte tra lei ed il suo passato. L'autrice svolge i tratti dei personaggi con la leggerezza del tocco di un ritrattista, senza affondi, o tinte gratuitamente forti. E la narrazione scorre, scivolando tra le loro identità, acquistando vieppiù tonalità. Un racconto pieno di dignità umana eppure oltraggioso fino alla spregiudicatezza di alcune delle figure che lo attraversano. Ma è lieve, gentile, non ti lascia mai solo, fino all'ultima pagina.