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La scrittura di Franco Spiridione segue giorno per giorno, quasi ora per ora, la fallita impresa rivoluzionaria del Barone Francesco Bentivegna nel novembre 1856, del suo "stato maggiore selvaggio" e dei suoi seguaci, dando conto dei movimenti dei vari attori e del loro antagonista, il direttore di polizia Salvatore Maniscalco, fortemente intenzionato a impedire in qualunque modo la ripresa dell'iniziativa antigovernativa. L'infelice impresa terminerà con la cattura del Bentivegna e Spiridione ci fa seguire le successive tappe del martirio del barone mazziniano, il cui destino è stato già deciso in alto loco: come capo del moto rivoluzionario deve essere punito con la massima severità, con una condanna capitale che scoraggi chi abbia voglia di seguire il suo esempio. La narrazione ci fa seguire, ovviamente, anche il ruolo da lui avuto in queste vicende, sottolineando i momenti in cui l'autore ha dato un apporto determinante all'impresa rivoluzionaria, cui ha deciso di partecipare per dedizione alla causa e per ammirazione verso Bentivegna, pur avendo espresso il presentimento che il risultato finale poteva essere solo la galera o l'esilio volontario. Prefazione di Santo Lombino