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André De Lorde, drammaturgo di punta del Grand-Guignol parigino, pubblica nel 1928 questa collezione di brevissimi saggi, dove si analizzano con freddezza quasi cinica i fenomeni caratterizzanti le nevrosi di una società moderna sempre più alienata. Suicidio, infanticidio, satanismo, follia, stupro, strapotere della scienza medica iniziano ad attirare l'attenzione degli intellettuali. "Una volta di più, la nostra epoca di civilizzazione a oltranza ci avviluppa in un'atmosfera morbosa dove senza accorgercene respiriamo i miasmi più pericolosi". Per esorcizzare gli effetti di tale evidente decadenza, De Lorde li trasforma in arte, scrivendo un elogio del teatro popolare, della narrativa feuilleton e della letteratura di genere che diverrà orgogliosamente "pop". Non mancano inoltre intuizioni d'avanguardia, come la presa di posizione a favore dell'eutanasia e delle droghe per fini terapeutici, la critica al distruttivo turismo di dimensioni planetarie e infine uno sguardo indiscreto alle orge organizzate già a quei tempi nei circoli della Parigi-bene.