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"Mio padre voleva un maschio" nasce dalla necessità dell'autrice di mettere nero su bianco un disagio, o meglio, più disagi. L'oscurità dei propri conflitti interiori e del proprio vissuto, la volontà di guardare il buio dei suoi mostri, il coraggio di osservare e analizzare fragilità, paure e dolori. Dal silenzioso conflitto tra un padre e una figlia prende vita un viaggio nell'anima, catartico e purificatore, narrato facendo fluire i pensieri in modo continuo e solo apparentemente disordinato. Nelle pagine c'è la vergogna per un abuso, l'impotenza che si prova quando si riesce a vedere ma non si è in grado reagire, la solitudine di una figlia unica e l'incapacità di "essere" senza l'accettazione di un padre, i disordini emotivi provocati da un genitore che esiste ma non c'è.