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Una storia intima, ben calibrata, che prende spunto da un'allegoria: quella dell'anima e dei suoi pezzi, visti come quelli di una matrioska. Marianeve Colibrì, protagonista del romanzo, disillusa dalla vita e dall'amara consapevolezza che nulla è per sempre, dopo la perdita improvvisa e terribile del marito, ha chiuso ermeticamente in sé ogni speranza, sopravvivendo agli eventi senza alcuna partecipazione. I frammenti della sua anima sono tenuti a chiave da qualche parte, sotto la madre della matrioska, che difende ma soffoca allo stesso tempo. L'interiorità di Marianeve emerge da brevi flashback, lampi di consapevolezza, ricordi - il giorno del matrimonio, la nascita della figlia Alice, i momenti di vita assieme - che riaffiorano a graffiare un presente che non ha più senso, non senza Guido. Margherita Firpo ci conduce nella narrazione e affronta tutti gli strati della matrioska, tra cadute, risalite e conflitti, fino ad arrivare alla parte più vulnerabile, al seme, dentro il quale è nascosto il potenziale per rinascere, sublimare la rabbia e affrontare la vita.