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Il testo narra la vicenda storica del movimento di resistenza sviluppatosi, da parte della città di Casale Monferrato, nel periodo immediatamente successivo al passaggio dalla dinastia dei Paleologo, marchesi di Monferrato, a quella dei Gonzaga, marchesi (poi duchi) di Mantova. A partire dal 1533, con l'estinzione della linea legittima dei Paleologo, il marchesato passò infatti per via ereditaria a Gugliemo Gonzaga. Questi intendeva abolire gli antichi privilegi e le autonomie di cui la città di Casale aveva da sempre goduto, per dare ai suoi nuovi possedimenti l'impostazione di un moderno stato assoluto. Gli avvenimenti narrati ben si inquadrano in un'epoca storica che vide il passaggio dal medioevo al rinascimento, da una dinastia a carattere feudale come quella dei Paleologo, che aveva sempre lasciato a Casale la sua ampia autonomia, ad una signoria dell'età moderna come quella dei Gonzaga, la quale non poteva più tollerare autonomie locali tipiche di un periodo, quello comunale, ormai definitivamente tramontato. I casalesi mal accettarono questa volontà gonzaghesca e in città si venne formando una crescente opposizione che giunse, sotto la guida di Olivero Capello, a progettare l'uccisione di Guglielmo. Queste intenzioni vennero scoperte grazie ad un attento sistema di spie e delatori, e ne seguì una raffica di arresti. Venne istruito un processo in cui i numerosi accusati, sottoposti a tortura, confessarono colpe vere o presunte. Ne seguirono pesanti condanne alla pena capitale, a numerosi anni di carcere e alla requisizione dei beni dei condannati. Olivero Capello fu ucciso da sicari, mentre anche Flaminio Paleologo, figlio naturale dell'ultimo marchese di questa dinastia, accusato da alcuni congiurati, fu prima condannato a morte ma poi ebbe la pena commutata nel carcere a vita. Casale dovette alfine piegarsi alla volontà gonzaghesca e fare atto di sottomissione al duca.