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In un contesto sociale nel quale la psichiatria si legittima attraverso i professionisti e la clinica, si sta perdendo di vista il sapere di chi vive il disagio. Invece di spegnere chimicamente le voci, questo testo le libera in un gioco sociale che invita al rinnovamento culturale e istituzionale. Con questo lavoro si riporta l'attenzione su quello che è in gioco nelle donne e negli uomini che attraversano le strutture della salute mentale, e si propongono dei riferimenti per nuovi modelli di ruolo possibili, adeguati a una società più inclusiva. Il linguaggio diretto, semplice e figurativo, vuole valorizzare le emozioni, in modo che chiunque vi si possa riconoscere, trasmettendo un sapere che ci auguriamo possa diventare strumento di accompagnamento: ogni storia, che sia espressa in parole autobiografiche o trasfigurata nei linguaggi della poesia, del racconto, della fantascienza, induce chi la incontra a rivolgere lo sguardo su di sé e invita a cogliere nei propri atti e pensieri quegli indizi che affratellano con chi narra. In questo modo gli autori, da persone che vivono il disagio, diventano promotori di cultura, riappropriandosi del loro diritto alla cittadinanza attiva.