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Quando Antonin Artaud, nel 1947, dopo nove anni di internamento, poté uscire dall'asilo psichiatrico di Rodez, gridò al mondo la sua denuncia. Ritenendo di essere stato vittima di un "infame sequestro di persona", si scagliò contro tutti coloro che avevano voluto privarlo della sua identità. In manicomio Artaud aveva subìto innumerevoli aggressioni, testimoniate da tracce visibili sul corpo, ed era stato sottoposto, contro la sua volontà, a più di cinquanta elettrochoc. Artaud denuncia con lucidità e precisione le pratiche violente dell'istituzione psichiatrica, prima fra tutte l'elettrochoc. In questo saggio l'autrice ripercorre la storia della reclusione di Antonin Artaud che, con le sue forze creative d'uomo e d'artista, seppe trasformare il cumulo di macerie in cui era stato ridotto il suo essere in una costruzione umana e poetica unica e sublime.