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Il 2 gennaio 1960 moriva Fausto Coppi, lasciando un vuoto così straziante che il ciclismo ha stentato a riempire e superare continuando, per anni, a cercare un nuovo Campionissimo. Anquetil seppe uguagliare l'impresa dell'accoppiata Giro-Tour ma era troppo aristocratico per essere anche popolare, per cui il popolo lo ha ammirato ma non lo ha amato. Poi, a metà del decennio, sono apparsi sulla scena ciclistica Gimondi e Merckx che hanno saputo catturare l'attenzione degli addetti ai lavori e la passione degli sportivi con imprese, duelli, vittorie e sconfitte che hanno suscitato emozioni indimenticabili per chi le ha convissute. Nel frattempo era cambiato lo scenario e sullo sfondo non c'era più un'Italia sconvolta dalle macerie della guerra che cercava nello sport riscatto e speranza come negli anni di Coppi e Bartali. Non c'era più il ciclismo 'immaginato' leggendo i racconti degli inviati e sentendo le cronache radiofoniche, ma quello che tutti potevano vedere e seguire chilometro per chilometro ogni giorno ín diretta tv. Il lungo periodo di Gimondi e Merckx dal 1965 al 1978 ha attraversato una nuova epoca con nuove realtà sociali: dai Beatles alle contestazioni giovanili, dal Sessantotto al primo uomo sulla Luna, dalle manifestazioni studentesche alla Guerra in Vietnam. Con loro è cambiato il modo vivere e raccontare il ciclismo. Con loro, soprattutto con i numeri di Eddy Merckx, sono stati stravolti gli albi d'oro, riscritti i primati, aggiornati i record. Con loro si è riaccesa la fantasia degli inviati e, ancora di più, la fantasia dei tifosi, che hanno trovato nuovi motivi di passione in una rivalità fatta di voglia di vincere cannibalesca e di formidabile caparbietà di chi non vuole arrendersi, mai. Testimonianze di Vittorio Adorni, Gianni Motta e Francesco Moser.