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Il talento, in molti casi, ha bisogno di tempo per maturare e manifestarsi. Così è accaduto a Cleto Munari. Non ama l'Università. Non gli interessa neppure scegliere una Facoltà che si suppone possa essergli congeniale: Architettura. Sa che non vuole costruire case o ponti. Sente che la sua immaginazione non coltiva visioni che possano dispiegarsi nella durata; istintivamente avverte che il sentimento della bellezza, che sin dalla nascita gli si è depositato dentro, ha bisogno di più urgenti e immediati campi di prova. La bellezza, dunque: come progetto, come ricerca ed espressione di quella verità che può trovarsi solo fuori da ogni canone, da ogni accademismo. Interrompe gli studi e consegna la propria formazione alla più eccentrica e personale Università che si possa concepire. Si rende conto che il mondo è pieno d'arte e pieno di "laboratori" dove gli artisti operano sulla materia viva di ciò che, resistendo al tempo, confluisce nei libri e nelle aule universitarie. Compone una visionaria, ma puntigliosamente reale, "geografia dell'estetica" e in questo atlante, che ha carattere internazionale, si muove: teatri, gallerie, musei, studi di artisti, centri di sperimentazioni.