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Giovanni Antonelli nacque a Sant'Elpidio a Mare, nelle Marche, nel 1848 e morì nel manicomio di Ancona nel 1918. La sua vita tormentata e randagia e i suoi scritti sono composti di un'unica materia: tema costante sono manicomi, polizia, tribunali, poesia e sfortuna, il tutto nella sacra cornice dell'anarchismo di marca marchigiana, collinare e dalle mani grandi. Di lui si occuparono, quando era ancora in vita, anche Enrico Morselli (suo medico) e Cesare Lombroso, che gli dedica un intero capitolo in "Genio e follia". "Il libro di un pazzo" ebbe due edizioni tra il 1892 e il 1893 e da allora non è mai stato ripubblicato. È una raccolta di note autobiografiche che passano in rassegna tutte le esperienze più estreme occorse nell'esistenza del suo autore, ed è dunque al contempo un ritratto vivido e feroce dell'Italia postunitaria attraverso le figure adibite al controllo sociale: i medici, le forze dell'ordine, i giudici, ma anche gli esponenti più biechi e retrivi del popolo, le carceri e i manicomi di mezza Italia. La scrittura è sorprendentemente fresca, priva di retorica, dotata di un buon piglio narrativo dai tratti sovente anche umoristici. La seconda parte del volume è una breve scelta delle poesie di Antonelli - egli si riteneva soprattutto un poeta e a volte si procurava da vivere nei suoi vagabondaggi scrivendo componimenti poetici su commissione.