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"Se camminando per il quartiere Tamburi ti guardi intorno, non dimentichi più. Di quel camminare mi è rimasta forte l'immagine di quegli spazi che rappresentano una condizione e il suo opposto, si chiamano 'spazi di transizione' e 'ai Tamburi' gli spazi di transizione sono la drammatica immagine del violento impatto tra dentro e fuori, tra privato e pubblico, tra luce e ombre. Sono le logge scavate sulle facciate degli edifici popolari, chiuse da una vetrata, protette da un tendone, mai adorne di fiori. Povere barriere poste nel tentativo inutile di contrastare un'aria malata e sulla parete di fondo la porta-finestra come vetrina d'esposizione di vite difficili. E, così, i 10 cassoni che ho realizzato in acciaio Cor-Ten ossidato altro non sono che le logge 'dei Tamburi', rosse di polveri velenose. Sulla parete di fondo ho posto altrettanti pannelli su cui è deposta una lamiera lacerata, sporcata e incendiata. Sono le tute degli operai. Ho trattato la lamiera modellandola in modo da farla apparire come un grossolano panneggio antropomorfo ma anche come l'elegante, delicata, innocente, straziata anima di chi indossa quelle tute e di chi, suo malgrado, indossa quelle polveri. Infatti a Taranto si ammalano gli operai ma anche i bambini. Anche il chiostro-giardino della Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale è uno spazio di transizione, ma nasce all'interno delle mura di un antico convento, totalmente incluso da pareti, aperto solo verso il cielo. Mi è sembrato importante porre in evidenza un così forte contrasto tra elementi architettonici simili e pur così distanti nella loro qualità. Dovevo necessariamente non limitarmi a mettere forme all'interno del chiostro dovevo intervenire sull'unico punto in comune dei due spazi: il cielo. Ne dovevo interrompere la continuità, sporcarlo, metterlo dietro le sbarre perché a Taranto anche il cielo si sporca di fumo e di fuoco e la notte non si accende mai di stelle. È l'impianto che è sempre acceso. Allora ho posto sui cassoni ormai diventati vere e proprie aedicola delle travi in ferro incrociate. Sono i nastri trasportatori, i giganteschi carroponte, il braccio delle gru che spaccano il cielo, diventando portatori di un firmamento artificiale fatto di fari che gettano una luce fredda e violenta su una realtà disperata ma non rassegnata." (Antonio Fraddosio )