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Storie di pizziche, tarante e tarantelle. A raccontarle è Antonio Castrignanò, voce terragna e tamburellista viscerale, che ripubblica il suo album d'esordio da solista, "Mara la fatìa", progetto ispirato a un Salento arcaico imbastito tra scorci di vita quotidiana da cui emergono fatiche, lavoro ma anche amori, speranze e sogni. A cinque anni di distanza, l'album continua a raccontare storie "vecchie" ma senza tempo che narrano sofferenze e privazioni, sfruttamento e lavoratori senza dignità, soggetti cui sorprendentemente i canti sembrano adattarsi, quasi il mondo non fosse mai cambiato. Sbrogliando i legami con un passato cristallizzato, Castrignanò mette la tradizione in movimento, nutrendola con contenuti inediti, ricamandoli con uno stile "antico" dalla matrice territoriale riconoscibile, lo stesso che ha appreso spontaneamente cantando e suonando con gli anziani del suo paese: sarà per questo amore carnale per il Salento che Mauro Pagani lo ha definito "ambasciatore e servitore orgoglioso" della sua terra.