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"Io a volte devo controllare di esserci tutta, ma tutta davvero. Perché se un giorno non mi trovassi più, non saprei dove andarmi a cercare". Cogliendo una sintesi del lavoro drammaturgico di Fabio Chiriatti, qualcosa che consenta di leggerne il gusto e intravederne l'ossatura, si potrebbe assumere questa considerazione, espressa dalla voce protagonista di Mappughe, come il filo rosso che lega i personaggi dei testi qui raccolti, Mappughe, appunto, I Saburchi e Casca la terra. Come sottolinea nell'introduzione Renata Margherita Molinari, si tratta di "tre storie di spaesamento, in cui l'impianto drammaturgico e la lingua scenica, molto diversi da un testo all'altro, trascinano inesorabilmente il lettore-spettatore verso l'altrove in cui sarebbe possibile, è stato possibile, forse sarà possibile, trovare quiete, se non pace. C'è stata e forse continua a esserci, da qualche parte, un'integrità perduta, un'appartenenza appena percepita, una possibilità di vivere generando e sentendosi generati. La lingua e il corpo portano i segni di questo altrove e si fanno strumenti per la sua esplorazione".