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Massimo Recalcati, partendo dall'interpretazione del "Grande Cretto Gibellina" - "sudario" bianco che ricopre i resti della città della Valle del Belice - legge l'intera opera di Alberto Burri rintracciando nella ferita il tema che unifica la ricerca continua e differente dell'artista. Sacchi, ferri, plastiche sono materie costantemente "traumatizzate ed offese", all'interno di un movimento formale ed estetico equilibrato e calibrato. Spirito e materia coincidono nella loro sostanza e, analogamente alle "indimenticabili" ferite inferte dalla storia (in copertina l'opera "Crocifissione" del 1953), le fenditure, gli strappi e le lacerazioni delle opere di Alberto Burri indissolubilmente saldano la bellezza alla morte. Nel volume, oltre ad un apparato iconografico accuratamente selezionato, anche il testo di Aldo Iori, ad aggiungere un taglio critico, filosofico e storicoartistico alle interpretazioni dell'opera burriana.