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Avvicinarsi all'opera d'esordio di Calvino significa entrare in contatto con una delle testimonianze più vive della stagione intellettuale italiana del secondo dopoguerra. "Il Sentiero dei nidi di ragno" offre la possibilità di intuire la ricchezza e l'entusiasmo di un momento di grandi esperienze, di progetti di ricostruzione e di programmi teorici attuati dagli intellettuali del periodo. Al di là del suo valore documentaristico, la qualità del romanzo è da ricercarsi nell'ambito della storia letteraria italiana del secondo Novecento che, se pure non lo annovera tra i suoi capolavori, certamente lo pone tra gli esiti più interessanti della stagione neorealista. Con estrema lucidità, Calvino ha infatti saputo dare a un'opera nata in un contesto culturale e storico definito un'intensità capaci di proiettare la tematica resistenziale entro un orizzonte problematico più ampio e attuale: l'ambiguità dolorosa del mondo di Pin, la violenza e la sofferenza dei rapporti dei personaggi con se stessi e con gli altri traducono la percezione dello scrittore di quella crisi delle ideologie che la cultura italiana, e in particolare quella di sinistra, riconoscerà solo molto più tardi.