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Questo lavoro riflette sul segno come genesi dell'arte e come espressione del sé. Nel '500 si sviluppa il concetto di disegno come forma più vicina all'idea, al pensiero come espressione autonoma in sé compiuta; il disegno è discorso mentale, espressione e manifestazione non tanto dell'abilità manuale quanto delle capacità intellettuali e fantastiche dell'artista, rispetto alle quali l'abilità della mano ha un valore strumentale. Trattando l'universalità del segno, la percezione di sé e la maturazione del segno, il superamento dei suoi limiti e dei suoi confini, emerge nel lavoro della Gellini come ogni segno possieda caratteristiche di universalità e si configuri come frammento di una più vasta totalità in cui parte dei segni precedono l'uomo e parte sono da lui creati per proiettare la sua visione interiore nel mondo circostante. Il segno si mostra quindi, oltre che come fatto artistico-espressivo, riflesso libero e incondizionato di una personalità e di un carattere, anche come strumento capace di ordinare e collocare se stessi nello spazio e nel tempo e, ancora, di cogliere e regolare l'apparente inafferrabilità delle forme e dei rapporti complessi tra le cose.