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In questo nuovo testo, che segue il fortunato "e non chiamatelo jazz", Giancarlo Schiaffini utilizza le sue esperienze di compositore, esecutore e improvvisatore per celebrare l'ascolto come momento indispensabile di una fenomenologia del discorso musicale. La sua apertura all'intero universo sonoro, senza limiti alla curiosità o pregiudizi restrittivi, fa sì che queste esperienze musicali, da metà anni '60 fino a oggi, abbiano come caratteristica principale l'eterodossia e l'ibridismo tra territori solitamente percepiti come distanti. Proprio questa convivenza di stili, in un universo poliedrico, rende la sua riflessione sull'ascolto una proposta di dialogo stimolante che invita tutti gli amanti della musica a un intelligente e riverberante rispecchiarsi. La tragicommedia dell'ascolto è la sostanza della vita musicale: cos'è il musicista, se non un essere capace d'agire ascoltando?