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"Il sillabario, in letteratura, nasce per il desiderio di provare a dare un nome alle cose del mondo che non comprendiamo, come a scuola lo si usava per imparare a leggere. Parise, per esempio, ne ha fatto uno bellissimo, che è come una specie di automedicamento per le giornate buie e indecifrabili. Caterina Corucci ci propone il suo, e lo fa con struggente tenerezza per le nostre fragilità, per la nostra inettittudine a vivere, ma talvolta sa anche essere spietata, se serve, nel parlarci dei nostri disordini quotidiani, e credo che sia il dovere della buona scrittura. Provate a leggerlo, quando sentite che una vostra cosa è fuoriposto: potrebbe essere la cura giusta." Francesco Mencacci