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"Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato" si presenta come un epistolario in versi monco, di cui conosciamo sole le 17 lettere scritte dal mittente. Quest'ultimo, un uomo senza lavoro, si rivolge ad un'entità dai contorni vaghi, la "Reinserzione Culturale", che avrebbe come compito derisorio l'integrazione del disoccupato nella vita culturale. Questa "Reinserzione" assume di volta in volta l'aspetto anonimo e astratto dell'istituzione o quello concreto e individuale del funzionario, a cui il mittente attribuisce tratti femminili. A partire da questa doppia ambiguità una corrispondenza che forse non ha mai avuto luogo e un destinatario dall'identità incerta - l'argomento stesso delle lettere appare instabile e sfuggente. Di cosa vuole parlare il disoccupato? Di una straziante delusione amorosa, della propria salute mentale, di un'identità sociale fragile, del disgusto per il lavoro? Se le "frasi di circostanza" sono le frasi rigidamente plasmate da situazioni sociali apparentemente uguali a se stesse, le 15 prose che costituiscono "Le circostanze della frase" - la seconda sezione del libro - sono altrettanti microcosmi imprevedibili, suscitati dal deragliamento della frase. Si tratta di frasi deliranti che, etimologicamente, "escono dal solco" della sintassi ordinaria, e per ciò stesso evocano aspetti inattesi della realtà.