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Bisogna essere chiari. Non perdersi nelle fumisterie, nelle demagogie incapacitanti che possono diventare oppiacei: non basta dire e scrivere pace, amore, fratellanza, innocenza e non violenza o amare la natura ed il Creato tutto, come in un film o in una cartolina. Necessita, invece, essere testimoni e profeti armati di parola, di cultura, di sentimenti, di fede e di esempi concreti, bisogna uscire dalle catacombe dell'autocompiacimento beota, dall'effimero successo, dalla pretesa di risolvere i problemi dell'uomo e del mondo con inutili frasi e soprattutto con una pratica di vita che non conosce rischi, per cui vale davvero la pena di rischiare. Questo compito immane ci appartiene, volenti o nolenti, ed è più radicale di quello dei monaci che salvarono la cultura dai barbari. Perché questo che viviamo è tempo di barbarie. Apocalittico. Resistere allora al male, che esiste. Vincere il male. Opporsi al genocidio globale, al suicidio spirituale di massa. Questo imperativo è insieme morale e culturale, in una parola è imperativo umano.