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"L'incomprensibile sempre si rinnova e l'infinito con esso, ma non deve più spaventarci e trarci in inganno, deve empirci di rispetto e non di polvere." La scrittura di Bjørnson conduce il lettore tra i boschi e i fiordi norvegesi, dove la natura è immediata espressione di valori spirituali, promesse ed enigmatici presagi. Ma in questo racconto, pubblicato nel 1882, accanto all'interesse per il mondo rurale è evidente l'impegno etico di un autore sospeso tra una solida formazione religiosa e le nuove idee del positivismo ottocentesco, destinate ad affermarsi nella seconda metà del secolo. I protagonisti, due sposi in conflitto sull'educazione da impartire ai figli, rappresentano così lo scontro tra i vecchi e i nuovi valori, componendo una storia dal chiaro intento esemplare. "Polvere" è una tragica parabola sui pericoli della superstizione, ma anche una sottile critica alle tante ipocrisie del progresso.