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Con una nota di Massimo Maggiolini e un contributo di Piero Lai. Tullio Maggiolini ha dedicato l'intera sua esistenza a lenire, con parole, con azioni, con uno sguardo di solidarietà le persone bisognose di tali cure, anche nello spirito, e questo fin dall'età di tredici anni, garzoncello nella farmacia ospedaliera, in seguito infermiere nel nosocomio folignate. Le sue poesie in lingua natìa, cioè folignate della prima metà del Novecento, rivelano lo spirito scherzoso e generoso nell'elargire finanche un sorriso a chi amava ascoltarlo o leggerlo; numerosi i componimenti indirizzati a persone, note in città, note all'interno dell'ospedale dove egli prestava servizio, e che oggi non ci sono più, ma che tuttora, oltre alla propria cerchia familiare ove verranno ricordate con affetto, sono vive grazie alla musa di Tullio. La sostanza del messaggio poetico è: sensibilità, calore, ironia, affetti espressi col caldo lessico natìo. Questa pubblicazione è un atto d'amore per un folignate genuino, che amava la sua città, anche quando ne rilevava i difetti, le manchevolezze, che amava la sua gente, persino quando ne metteva in ridicolo certe caratteristiche non esattamente positive.