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Nel centenario della nascita di dada la domanda sul non senso dell'azione artistica merita di essere radicalmente riproposta. Sono passati più di ottant'anni dalla denuncia della "povertà d'esperienza" da parte di Benjamin e il deserto esperienziale avanza a livello globale. Solo l'arte sembra rappresentare l'ultima frontiera per chi non sa rassegnarsi al destino di liquidazione dell'esperienza. L'opera d'arte mantiene viva e desta la capacità di provocare, meravigliare e offrire la possibilità di spingersi esistenzialmente un po' più in là di quel che si è stati e si è. Eppure, la storiografia, la critica (anche militante) e la filosofia dell'arte seguitano imperterrite a ridurre sistematicamente le opere d'arte a mero oggetto di conoscenza.