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Se, come è scritto in "Persone del seguito", "la lingua non parla" e, si potrebbe aggiungere, la letteratura non pensa, impegnata com'è a inventare storie accattivanti, conformiste proprio perché mirano allo shock, la scrittura di Clio Pizzingrilli è un tentativo, davvero singolare nel panorama italiano, di far parlare la lingua e di pensare con la letteratura. Far parlare la lingua: nel testo risuonano le voci, i gesti, di una strana moltitudine di individui che, chiusi in una comunità oppressiva, sul modello di Icaria, e in un istituto di pena, ora ne subiscono il fascino, ora tentano di sottrarsi al progetto autoritario. Ma sottrarsi significa innanzitutto contestare l'esperienza comune della lingua e dei gesti: appare così, attraverso diversi e strani fili narrativi, il profilo di una comunità di outsider che osano, con l'inserzione di frammenti linguistici incongrui o la scelta del silenzio, interrompere il discorso e la gestualità correnti, veicoli del dominio. La scrittura di Pizzingrilli, in questo consiste la sua tensione politica, contribuisce - con l'invenzione di un incredibile intreccio di parlate, suoni, parabole, riflessioni filosofiche, teologiche, finanche elementi di critica dell'economia politica - alla ricerca di una nuovo senso comune che ci sottragga al mondo così com'è.