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Un romanzo metafisico questo di Piccardo, ove istanze di giustizia umana e filosofica s'intersecano come in Kafka. Ma il Principe, speranza dell'umano, è anche lui soggetto alla violenza dei tempi e la brama della vera vita lo porta a cercare in Canton Ticino la tranquillità e il rispetto. Non suppone, però, che la distruzione della sua storia e grandezza simbolica avverrà così tragicamente: un attacco alla sua nobiltà e alle sue radici lo farà assomigliare alle persone che la sua elevatezza ha assistito, come il narratore o come la diafana Perdita, bellissimo nome di origine latina e di significato evidente utilizzato da Shakespeare in Winter's Tale e da Piccardo sciacquato nel preraffaelitismo. La calma delle montagne ticinesi, ove in gran parte si svolge l'opera, è la cornice nitida di un viaggio nelle voragini della mente umana, invasa non dalla follia, ma da un signorile aconcettuale e alla disperata ricerca di un progetto di senso. L'opera, sempre un poco sognante, è strutturata su 12 capitoli, come le 12 stazioni della via crucis. Ma, alla fine, nessuna resurrezione.