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Il saggio trae la propria origine dalla notizia secondo cui Virgilio avrebbe, in punto di morte, espresso il desiderio che l'Eneide fosse distrutta. L'autore delinea quindi il dramma in cui appare essersi dibattuto Virgilio, diviso tra le ragioni di poeta e quelle politiche, in una situazione di conflitto ricorrente nella sua vita come nella sua opera. Si sono andate a indagare le relazioni tra la libertà dell'artista e il potere politico, a partire dai rapporti col circolo di Mecenate e con Ottaviano Augusto. Strettamente legato all'ipotesi di distruzione dell'Eneide appare il suicidio dell'amico Cornelio Gallo, padre dell'elegia latina, a seguito del processo intentatogli, primo esempio di intervento autoritario della politica imperiale contro un esponente della cultura. Dopo questo episodio, che lo turbò moltissimo, Virgilio continuò a lavorare al proprio poema per altri sette anni, fino alla morte, in un clima di sempre meno celata insofferenza per il regime. Il presente saggio ha il pregio di fornire spunti di riflessione molto ampi: Virgilio ne appare dunque l'oggetto ma, allo stesso tempo, è una specie di passe-partout che apre molte altre porte.