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Nel 2011 è stata firmata la Convenzione di Istanbul. Gli stati firmatari, Italia inclusa, hanno l'obbligo di promuovere delle politiche per superare gli stereotipi di genere «per sradicare pregiudizi, tradizioni, costumi e predisporre un piano formativo che includa, tra le materie scolastiche, a ogni livello di istruzione, argomenti come l'uguaglianza di genere, la rottura dei ruoli stereotipati, il reciproco rispetto». Gli stereotipi sono limitanti sia per i bambini che per le bambine, superarli significa educare all'identità come desiderio e non come destino, ovvero a diventare ciò che si desidera e non come la società si aspetta. Per realizzare questo scenario, si devono compiere alcuni passaggi. Bisogna fare attenzione ai propri pregiudizi, per evitare che rinforzino i copioni di genere dominanti (come sgridare una bambina perché gioca con supereroi o un bambino che si diverte con le bambole). La scuola, come ente formativo per eccellenza, ha l'opportunità (e forse anche l'obbligo morale) di fornire modelli alternativi, di riscrivere i finali delle favole, di inventare i nuovi personaggi e modalità inedite di interazione, di supportare il percorso di scoperta del sé anche quando in contrasto con le aspettative sociali di genere. Il messaggio che questo libro vuole lanciare si può sintetizzare nella frase: ognuno potrà essere ciò che vorrà e andrà bene, senza timore della società.