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Come gli steli della "Freesia alba", le osservazioni e i ricordi della vivaista-giardiniera Ester Cappadonna spuntano esuberanti dalle saie, le canalette sopraelevate che irrigavano gli agrumeti. Portano la grazia e il profumo dei fiori, ma restano annidati nelle fessure delle pietre laviche. Non si lasciano strappare facilmente, testimonianza a loro modo di un tempo personale e di una certa Sicilia. Almeno quella di Catania e dei suoi giardini e del loro alfabeto di piante semplici, tenaci, indistruttibili. Nel riconoscerle e ricoltivarle si articola il doppio ritorno di Ester: quello alla terra della sua infanzia e all'identità e allo stile di un territorio.