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«Può esistere un'idea di città moderna costruita a partire dall'intuizione di quella antica?». Con questa domanda comincia il libro, ed essa costituisce la chiave interpretativa di una argomentazione che trova nella città di Akko una sorta di elemento di confronto sul quale e per il quale costruire un procedimento conoscitivo e progettuale insieme. Akko, come riporta la Bibbia o, come i più la ricordano, Acri o San Giovanni d'Acri, è stata capitale crociata, della quale permangono i toponimi italiani, e poi ancora città mamelucca e soprattutto ottomana, una città dalla morfologia straordinariamente stratificata nel limite definito delle sue mura, nel perimetro segnato dalla punta occidentale estrema del Golfo di Haifa che ne ha determinato l'importanza di crocevia commerciale ricordato da Marco Polo: una città dunque di grande complessità morfologica, accentuata dallo stato precario in cui oggi versa, abitata da arabo palestinesi dentro lo Stato di Israele, progressivamente impoveritasi a causa dei relativi conflitti culturali e malgrado i vincoli di una conservazione dipendente dalla sua appartenenza al Patrimonio dell'Umanità.