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Il viaggio dalla costa verso l'interno mi conduce a ritroso ad un mondo soffuso in una dimensione temporale indefinita, che non è più solo oggi. Il Finalese sta lì, sospeso tra l'orizzonte liquido e la catena dei Monti Liguri, e vena il suo presente con un passato remoto ancora fortemente palpabile. Questo entroterra è un luogo con le forme del tempo. Non me ne sono accorta subito, la bellezza di una natura dolce, placida e arcaica mi ha tolto il fiato e per qualche anno ho visto solo sentieri e pareti di roccia, grotte, boschi e torrenti, fiori, cespugli e rocche affusolate. Oggi cammino volentieri vicino ai borghi di pietra, mi piace carpire frammenti di queste vite appartate, che a volte sembrano quasi ferme in una foto color seppia. Altre storie, quelle di questo libro, sono inanimate ma pulsano ancora di vita. Il Finalese smette di essere solo paesaggio e diventa un teatro in cui vanno in scena i racconti di chi lo ha abitato prima di me. A volte c'è bisogno di tempo per sentire la voce spenta dei luoghi. Oggi il Finalese è un cantastorie che non smetterei mai di ascoltare.