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"Non vuole stupire Pietro Cagni né fare il verso a nessuno. Non ha debiti con poetiche né onanistiche né narcisistiche. Non intende spiazzare il lettore con lampi di eloquenza e coup de théâtre. La sua scrittura è mossa, semmai, dall'attenta passione dell'apicoltore. Quella a cui ci introduce il giovane Cagni è una cartografia del corpo: tra 'zigomi', 'guance pallide' e 'spalle bucate', lambisce 'polsi stanchi', 'caviglie' e 'dita sfatte', tra 'mani perdute' e 'ciglia lunghissime', per accogliere 'l'universo addosso' e contenere infine gli 'occhi di chi sta e respira'. Lei."