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Si riparano bambole, in questo libro ricco e strano: si pone cura, svagata e insieme puntigliosa, alle scuciture di un'esistenza alla quale si allude di continuo, ci si avvicina indefinitamente, non la si raggiunge mai del tutto. È narrativa? È poesia? Prosa in prosa? Autobiografia? Tutto questo e niente del genere. È un campionario di case di nessuno, una raccolta di favole per addormentare una bambina troppo adulta, un ricettario di paure e perversioni così piccole che inquietano davvero. È un trattato su come "immaginare la felicità che è dentro il disastro". Ed è, forse soprattutto, una dichiarazione d'amore - e d'odio - per un'arte sorella, o pallida madre, come il cinema. Falserighe, ha sempre chiamato queste sue prose Marilena Renda: riferendosi al modo in cui ciascun "pezzo" concresceva da un'immagine-innesco, un fotogramma isolato che con la storia del film da cui è tratto, forse, più nulla ha a che vedere. Eppure quelle immagini enigmatiche finiscono per sopravvivere, a distanza, nello sviluppo paradossale che, episodio dopo episodio, di questo collage sfuggente - misteriosamente - fa una storia. Prefazione di Antonella Anedda.